Se il buongiorno si vede dal mattino (o in questo caso dalla sera) era scritto nel destino che la mattinata non avrebbe prodotto risultati soddisfacenti per il futuro del Bari. Battute a parte, dopo il k.o doloroso, quanto immeritato, contro il Latina di Breda e il ritiro ufficiale della Ssc Bari comunicato dal dimissionario Donato Di Campli, anche l’asta fallimentare svoltasi in mattinata non ha consegnato un nuovo proprietario al Bari.

È successo davvero di tutto, con capovolgimenti e colpi di scena degni di un film d’azione. Era tutto vero, però. In mattinata non ci sperava più nessuno e la possibilità che l’asta andasse deserta era cosa concreta. Ma poi, a pochi minuti dal cosiddetto gong, è arrivato Gianluca Paparesta, il Messia dei baresi, pronto ad illuminare gli occhi dei tifosi e consegnare la fatidica ed unica busta. Dopo la frenata nei suoi contatti con i russi, l’ex club manager biancorosso e fischietto internazionale ha inserito in busta un’offerta che sarebbe proveniente dalla World Media Solutions, società di eventi sportivi proveniente dall’India.

I minuti scorrono, Bari è in silenzio e attende solamente l’esito ufficiale di un qualcosa che appare oramai chiaro e scontato. Ma una fuga di notizie inizia pericolosamente a far vacillare ogni certezza. L’unica modalità per il pagamento della cauzione di tre milioni di euro è quella dell’assegno circolare. Ma, complice un sistema giudiziario estero differente dal nostro che non prevede assegni circolari, Paparesta ha tentato di offrire garanzie finanziarie differenti, dopo aver lottato in extremis per la realizzazione dell’operazione. Sono le 11, il giudice Anna De Simone apre la busta e non appare troppo soddisfatta. Il suo volto gela Paparesta, giornalisti e tifosi. Convoca una nuova riunione mentre la tensione cresce e i nervi sono a fior di pelle. Il confronto con curatori e collaboratori dura quasi un’ora, una vera e propria Odissea psicologica per l’intera piazza. Il pessimismo serpeggia paurosamente, l’unico appiglio di ottimismo si aggrappa all’eccessiva durata dell’incontro che lascia presagire pareri effettivamente discordanti.
Ma non c’è nulla di positivo all’orizzonte, il giudice parla chiaro: oltre alla mancata soddisfazione della richiesta della curatela fallimentare, anche la documentazione pronta a certificare l’esistenza dei tre milioni di euro cauzionali è ritenuta frutto di una fotocopia con una firma illeggibile. Pertanto l’asta viene dichiarata deserta, con richiamo al 12 maggio.

Il caldo ambiente del Tribunale si trasferisce virtualmente su un ghiacciaio di emozioni negative che gela l’intera città, già con lo champagne in mano.
Vietato, però, essere pessimisti. Perché? È molto semplice. Aldilà dell’errore prettamente burocratico, Paparesta ha dimostrato di poter competere con il suo gruppo, che ha effettivamente la disponibilità economica richiesta. Lo stesso ex arbitro ha fretta e ha appena richiesto un anticipo della seconda chiamata, già dopo Pasqua, tempi entro cui crede dunque di risolvere i vari cavilli burocratici presentatisi oggi. Attenzione, poi, all’imprenditore bresciano Franco Ghirardini, che si è goduto la mattinata da spettatore ed attende di studiare ancora le mosse di concorrenti e giudice per poi poter agire.
Preferiamo regalare la copertina, però, allo spettacolo dello stadio San Nicola. Una bolgia di emozioni, un contenitore animato di gioia e amore per una piazza meravigliosa e dal potenziale altissimo. Raggiungere quasi 40.000 spettatori nel campionato cadetto vuol dire dimostrare all’Italia intera di che pasta è fatta questa città. I play-off sono a cinque lunghezze, ma adesso deve essere severamente proibito mollare. E non parliamo solo dei calciatori. Parliamo dei tifosi che devono continuare a dare atto del loro immenso amore, stringendosi ancora di più attorno ai galletti, attesi da due trasferte consecutive a Padova e Terni. È il loro amore il fiore all’occhiello di una squadra che deve continuare ad incantare. Il bianco e il rosso, oggi, sono i colori dell’amore. Quelli di un calcio che a Bari non deve finire. Non può finire.

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