Uno scorcio di "Olimpico" durante Fiorentina-Napoli

Gabriele è un bambino di 9 anni che, per un sabato, ha marinato la scuola per poter vedere la finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli. Entusiasmo, emozione, quel pizzico di ansia, sono presenti nello stato d’animo di Gabriele che, alle 10 del mattino, prende lo zainetto, i quattro spuntini preparati con cura dalla mamma e parte per Roma, perché vuole ammirare per la prima volta una vera partita di calcio. Gabriele, infatti, fino a questo momento ha visto delle sfide tra ragazzini più grandi di lui, non importanti come la Coppa Italia. Lui non è di Roma, né tantomeno di Firenze o Napoli, proviene da un paesino della provincia del Nord, dunque sono tanti i chilometri da fare.

Gabriele, in macchina, chiacchiera col padre delle gesta di Giuseppe Rossi, Gonzalo Higuain, in modo da far sembrare il viaggio di andata un po’ meno pesante. Gabriele, dopo la classica e inevitabile pennichella pomeridiana, arriva nella Capitale intorno le 18, ma già nota qualcosa che non va. Sirene della Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, sfrecciano alla velocità della luce davanti lo stadio “Olimpico”, teatro dell’ultimo atto della Coppa Italia. Gabriele non sa nulla di quello che sta succedendo e decide, insieme al suo papà, di entrare nel settore “Tribuna” per poter guardare anche un vero terreno di gioco composto da erba e non da terra mischiata con la sabbia.

Gabriele, da bambino virgulto e attento, sa che la partita dovrebbe iniziare alle 21 e, quando vede che i ventidue calciatori di Fiorentina e Napoli non scendono ancora in campo, inizia a capire che ci sono dei problemi. Capita, così, che Gabriele osservi Hamsik discutere con una persona con addosso una t-shirt con su scritto “Speziale Libero”, non rendendosi conto del significato di quella frase, perché lui nel 2007 aveva solo 2 anni. Gabriele, scruta anche le istituzioni presenti che, a dispetto della loro importanza per la nazione, non muovono un dito per verificare con mano la situazione. Non importa, tuttavia Gabriele, finalmente, vede l’ingresso in campo delle due squadre e la Coppa Italia che luccica a bordo campo.

Capisce che la partita tanto attesa sta per iniziare, ma al fischio dell’inno italiano da parte di qualche imbecille, Gabriele cambia espressione del viso e intima il padre di lasciare lo stadio. Gabriele non ce la fa, piange e abbandona lo stadio schifato. Lui, così come una buona parte di tifosi del “Bel Paese” voleva guardare una semplice partita di calcio, una bellissima finale di Coppa Italia, invece va via. Al papà, però, Gabriele vuole dire una cosa appena fuori dall’Olimpico. “Io allo stadio non ci torno più. Non ci sono valori, non c’è gioia e, da domani, seguirò il rugby, almeno lì si “picchiano” ma fanno la pace. E poi perchè nel calcio uno deve chiedere il permesso a qualcuno del pubblico per giocare o uno stupido deve sparare?”. Come dargli torto?

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