Bryan Cristante, centrocampista classe ’95 cresciuto nelle giovanili del Milan, viene ceduto dal club rossonero a titolo definitivo al Benfica per 6 milioni di euro.
L’a.d. Galliani ha così commentato la partenza della giovane promessa nell’ultimo giorno di calciomercato: “Il ragazzo ci ha chiesto di lasciarlo andare perché qui era chiuso da troppi giocatori. Io ho provato a convincerlo, ma lui ha voluto andare via. Gli avevo proposto anche un prestito in una squadra italiana, ma lui ha detto di non voler giocare contro il Milan e così è andato all’estero”.
La cessione di Cristante ha scatenato l’ira dei tifosi sul web, ed è l’esempio perfetto della direzione che ha intrapreso da tempo il nostro calcio. A differenza del campionato francese e tedesco (statistiche alla mano i tornei in cui vengono impiegati più giovani), in Serie A si prediligono giocatori già formati e spesso i ragazzi emergenti vengono spediti altrove a farsi le ossa. In questa vicenda tuttavia alcune domande sorgono spontanee: perché nel Milan Cristante non avrebbe trovato spazio, al contrario che nel Benfica, club da anni protagonista in Europa e nel proprio campionato? Inoltre questa giovane promessa non avrebbe potuto garantire del denaro alle casse rossonere, magari cedendolo tra qualche anno ad un prezzo molto maggiore?
Evidentemente a casa Milan o non credono in Cristante o queste domande non se le sono poste, preferendo investire i 6 milioni per l’acquisto dall’Atalanta di Jack Bonaventura, discreto giocatore già affermatosi nella nostra Serie A.

Il nostro calcio non sa aspettare, non sa programmare e, cosa più grave, non ha il coraggio di scommettere sugli under 20; eppure in questa Serie A sempre più povera essi sono l’unica ancora di salvezza per i club.

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