Con la strada non si scherza. Perché la strada non risparmia nessuno, nemmeno i calciatori. Belli, famosi, ma non immortali. Ieri sera la strada ha tradito il centrocampista del Wolfsburg Junior Malanda. Il 20enne belga di origini congolesi, considerato giocatore di grande prospettiva, viaggiava a bordo di una Touareg. L’auto, che viaggiava probabilmente ad una velocità eccessiva su un’autostrada tedesca, nella Renania settentrionale, è finita fuori strada e dopo aver superato il guard rail si è andata a schiantare contro un albero. Il giocatore, che stava raggiungendo i compagni di squadra in aeroporto per una tournée in Sud Africa, è morto sul colpo.

Tanti colleghi sui vari social network si sono uniti al cordoglio per la sua tragica e prematura scomparsa. L’attaccante dell’Everton Romelu Lukaku in particolare era molto legato al suo connazionale e sta letteralmente riempiendo con il passare delle ore il proprio profilo Twitter con dolorosi ricordi della loro profonda amicizia, postando foto e canzoni significative. Anche un altro belga, Radja Nainggolan, ha speso un pensiero per Malanda, così come il nostro Ciro Immobile.

Sono tanti i calciatori tragicamente scomparsi per lo stesso motivo di Malanda. Erasmo Iacovone, celebre attaccante di quel Taranto che sognò e sfiorò la Serie A nella stagione 1977-78 e di cui era il capocannoniere assoluto, protagonista dello storico derby vinto contro il Bari, nella notte del 6 febbraio 1978, mentre era a bordo della sua auto sulla statale Taranto-Lecce, venne violentemente sbalzato fuori dall’abitacolo a seguito dell’urto con un’Alfa 2000 GT, da poco rubata, che viaggiava a fari spenti inseguita dalla polizia alla velocità di 200 km/h. Iacovone, 25enne e sposato da 7 mesi, lasciò la moglie incinta e una città che lo amava, tanto de dedicargli uno stadio.

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Altra città, altra vittima: Massimiliano Catena, centrocampista di spicco di quel Cosenza che arrivò quinto nella serie cadetta. È la notte del 1 ottobre del 1992, sulla Salerno-Reggio Calabria piove a dirotto, il 23enne scuola Torino sta tornando dai propri compagni dopo essere stato al capezzale del padre gravemente malato. Due curve nel destino. La prima, quella fatale, in fondo alla galleria, l’auto che sbanda e impatta probabilmente sul guard rail (non sono infatti ancora chiare le dinamiche dell’incidente) e il corpo inerme che sbalza ancora una volta dalla vettura e finisce in una scarpata. La seconda, quella dello stadio, che da quel momento al San Vito ha preso il suo nome. Solo due anni prima tra l’altro, un altro calciatore del Cosenza, Donato Bergamini, venne travolto da un camion sulla statale ionica appena sceso dalla sua auto ma per la procura si trattò di suicidio, nonostante il ragazzo non sembrasse affatto depresso.

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Altra città, Bergamo, altra curva, questa volta in memoria di Federico Pisani, talentuoso prodotto del vivaio orobico. Il 12 febbraio 1997 a bordo della sua Bmw il calciatore 22enne stava tornando da una serata al casinò di Campione in compagnia della ragazza 20enne e di una coppia di amici, miracolosamente usciti poi illesi. Guasto, malore, velocità? Anche qui restano da inquadrare le cause del tragico episodio, fatto sta che l’auto alle porte di Milano si è catapultata sulla carreggiata opposta finendo contro il pilone di un cavalcavia. Un’altra carriera infranta sul nascere ed il tecnico, Mondonico, e l’intera Atalanta, rivelazione della massima serie, letteralmente scombussolati dal tragico impatto, con il rimpianto del presidente Ruggeri per non averlo ceduto a gennaio a chi lo aveva chiesto, forse chissà gli avrebbe salvato la vita.

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Nomi che si susseguono in maniera disastrosa spinti dalla cieca fatalità come quelli di Jason Mayelè, attaccante del Chievo, deceduto a seguito di un frontale nel 2002, Niccolò Galli, figlio dell’ex portiere Giovanni, morto a 17 anni nel 2001 dopo aver perso il controllo del motorino (il suo numero, il 27, venne subito dopo ritirato dalla squadra emiliana e inoltre da quel momento il suo ex compagno di Nazionale giovanile Fabio Quagliarella ha deciso di indossarlo proprio in suo onore) e ancora Armanno Favalli, ala del Foggia, e Giuseppe Campione, attaccante della Spal, rispettivamente scomparsi nel 1965 e nel 1994.

Come dimenticare poi Vittorio Mero, difensore del Brescia, ucciso dal destino (squalifica) che gli vietò la trasferta della sua squadra a Parma nella semifinale di Coppa Italia 2002, ancor prima che da un muro di coincidenze che portarono allo scontro tra autotreni che lo schiacciò tra le lamiere della sua macchina. Il 27enne, dopo essersi allenato in mattinata con gli altri indisponibili, correva per tornare a casa e vedere i propri compagni in TV insieme alla moglie Erika ed il piccolo Alessandro di 1 anno e mezzo. Alle 17 e 30 era fissato l’inizio della partita, solo qualche ora prima sul letto dell’obitorio di Rovato c’era un corpo in attesa di essere identificato, mentre a Parma le due squadre pienamente inconsapevoli dell’accaduto stavano per fare il loro ingresso in campo.

I tifosi del Tardini però ne erano venuti al corrente nonostante i tentativi delle due società di mantenere tutto all’oscuro. Si sollevano bordate di fischi, i calciatori all’inizio non capiscono, rimangono interdetti, poi il presentimento lascia spazio alla triste realtà e al dirompente pianto di tutti, di Giunti, dei fratelli Filippini per finire con quello del fuoriclasse Roberto Baggio, ai quali purtroppo si aggiunge quello del padre di Vittorio che solamente dalla televisione, in diretta, apprenderà la tragica notizia della morte del figlio.

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Concludiamo con una delle scomparse più note: il grande Gaetano Scirea. Praticamente da un anno nel nuovo ruolo di allenatore in seconda di Zoff alla Juventus, il 3 settembre 1989, di ritorno dalla Polonia, dove aveva avuto modo di visionare i futuri avversari bianconeri in Europa del Górnik Zabrze, a bordo di una vettura diretta all’aeroporto di Varsavia, venne tamponato da un camion che finì per provocare un rogo nel quale perse la vita a causa delle gravissime ustioni riportate assieme all’autista e ad all’interprete.

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