Si narra che sulle acque del Guadalquivir galleggi beffarda la ‘Maledizione di Guttmann’: un fantasma creato da un mago ungherese nel 1962, che appare e scompare nelle terre e nelle acque di tutta Europa. Dopo aver navigato nel placido Tamigi, ha scelto di dondolare nel fiume che attraversa la calda e colorata Siviglia, facendo la spola tra il Puente de Triana e la Torre del Oro, proprio di fronte a Calle Betis.
Ogni aficionado del Siviglia che passeggia giù di lì non può esimersi dall’ammirarla perché con sé trasporta i sogni più inimmaginabili del popolo del Pizjuan.

E’ l’ora del tramonto e mi avvicino ad uno dei tanti bar lungo il Guadalquivir per chiedere un bicchiere di tinto de verano. C’è poca gente, il barista svogliato indossa occhiali da sole per nascondere quello sguardo immerso nell’acqua increspata dal vento. Sente il mio accento, intuisce che sono italiano e mi domanda per quale squadra tifo. Non ascolta nemmeno la risposta. Sospira. Appoggia sul bancone la bevanda, sorride e mi dice che è stato a Torino. Seguo interessato il suo monologo.

Era anche allo stadio Benito Villamarin perché credeva nella rimonta del suo Siviglia contro gli acerrimi rivali del Betis. Sugli occhiali scorre il film della partita: lo 0-2 firmato da Reyes e Bacca, la lotteria dei calci di rigore, i guantoni di Beto che respingono il tiro di Nono e mandano in visibilio la Siviglia biancorossa.
“La nostra Coppa poteva finire lì”.
Il Betis fanalino di coda nella Liga, il Siviglia che vola ai quarti di Europa League ribaltando in trasferta le sorti del derby.
Apre una cerveza fresca, me la offre perché ha capito che conosco il linguaggio universale del vero tifoso di calcio.
“A Valencia non c’ero. Ma c’era Mbia. Poi Torino. Ho speso tanti soldi, ma è stata la gioia che mezza città ricorderà per tutta la vita”.
Alza la sua birra per brindare a non so che cosa. Forse alla sorte, forse al gioco più bello del mondo, forse alle sue emozioni, forse alla ‘maledizione di Guttmann’ che sta passando dietro di me.
Mi giro pur sapendo che posso soltanto immaginarmela. Il riflesso del sole quasi mi acceca. Mi volto verso il barista. Non ha più gli occhiali da sole. Sta scrutando alle mie spalle.
Provo invidia.
Nei suoi occhi brilla un sogno vissuto e il suo cuore si gonfia di gioia come la rete dello Juventus Stadium al rigore di Gameiro.

Lo saluto, mi rimetto in cammino lungo il Paseo de Cristobal Colon e ora mi sembra di riuscire a distinguere i tifosi del Siviglia da quelli del Betis.

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