Sul traguardo di Vittorio Veneto c’è Stefano Pirazzi, c’è il suo cuore che spinge i pedali, c’è la sua rabbia che urla. Cuore e rabbia, le braccia al cielo e poi le lacrime. Un’emozione grandissima, un’azione nata sotto il triangolo rosso dei mille metri all’arrivo, una vittoria sognata e rincorsa per cinque lunghissimi anni. L’anno scorso, al Giro, era sempre in fuga, sempre, ed anche se la vittoria non arrivava il pubblico era tutto dalla sua parte,il pubblico che si è innamorato del coraggio di questo ragazzo. Tutti pazzi per Pirazzi, perché il popolo del ciclismo ama i corridori genuini e le azioni scriteriate, le gesta che fanno sognare.

Ci ha provato ancora e ancora, tanti hanno detto che sbagliava i tempi. La vittoria di oggi spazza via le polemiche, con tanto di ombrello. L’attimo, questa volta, Stefano lo ha colto. Durante gli ultimi cinquecento metri c’era mezza Italia a spingere sui pedali insieme a lui, tutti in piedi davanti ai teleschermi a gridare “Dai Stefani, dai”! E avrebbero tutti abbracciato il televisore per abbracciare Stefano, un abbraccio forte, felice, sincero per dirgli “bravo”. La vittoria è arrivata in un finale che non era neanche adatto alle sue caratteristiche, sapeva di essere il meno veloce ed ha anticipato tutti, ha colto il momento giusto, li ha beffati.

Ebbene si, Stefano Pirazzi li ha davvero sorpresi tutti i suoi compagni di ventura, così come si è beffato di tutti quelli che lo hanno criticato. Il gesto dell’ombrello ci stava tutto, dieci anni dopo l’ombrello di Pavel Tonkov, era il 27 maggio del 2004, la tappa si concludeva a Fondo Sarnico e per il russo era l’ultima vittoria al Giro. Potremmo fare un salto nel passato e ricordare gli ombrelli più celebri: Van Bommel ai tifosi spagnoli, Mariolino Corso (1962) a Mazza e Ferrari che non lo avevano convocato in Nazionale, Josè Altafini dopo un gol del Napoli nel 1969. Il record, triplo ombrello per Kozakiewicz all’Olimpiade di Mosca del 1980, dopo aver saltato 5,78 (vittoria e record del mondo), il polacco ammutolì il pubblico russo che tifava per Volkov. Le scuse erano doverose, l’ombrello anche.

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