I Mondiali in Brasile saranno ricordati non solo per i gol, ma anche per le tante squadre che hanno prodotto un ottimo calcio. Dalla Croazia, all’Australia, passando per Francia, Germania, Ghana e via discorrendo, chi più, chi meno ha dato un apporto importante in termini di spettacolo. Se l’Italia perde con la Costa Rica e la Spagna è battuta dal Cile, gli sportivi di tutto il mondo non si possono lamentare, è il calcio. Non ci sono più squadre cosiddette “materasso”, che puntualmente, almeno fino allo scorso Mondiale, uscivano da ogni match con le ossa rotte e battute con punteggi tennistici che facevano riflettere gli addetti ai lavori. In quattro anni, però, ne sono cambiate di cose e, se notiamo un’Argentina in difficoltà contro un ottimo Iran, non ci meravigliamo più. Ma qual è la causa di questa inversione di tendenza? Molti calciatori delle nazionali africane, asiatiche e sudamericane militano nei maggiori campionati europei, captando quella “scaltrezza” tattica che, abbinata alla tecnica, fa la differenza. Una volta non era lontanamente immaginabile ammirare giocatori giapponesi, iraniani, ghanesi, costaricensi sbarcare in Premier League, Liga, Bundesliga e Serie A, proprio per quella mentalità appiattita che il vecchio continente possedeva.

Poi, complice la crisi economica, alcuni club hanno iniziato a scovare talenti in posti lontanissimi, con la scoperta di molti calciatori interessanti. Nel calcio non sono solo i soldi a farla da padrone, ma la programmazione è altrettanto importante e le varie nazionali, considerate scarse a inizio torneo, sono in Brasile per giocarsi la qualificazione, a differenza della Spagna, formata da calciatori milionari, già sull’aereo di ritorno. Dunque, se agli ottavi di finale ammirerete un Costa Rica-Costa d’Avorio, non vi stupite, è il frutto della crescita di tutto il mondo pallonaro.

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