“Soldatino bianconero? È una definizione che mi piace, perché è importante farsi trovare pronti quando c’è bisogno in una stagione lunga e difficile”. Simone Padoin è questo, riesce a mantenersi umile anche quando la Juve gli dedica un pomeriggio interattivo con i suoi tifosi, che rispondono in massa scrivendogli tante domande e chiedendogli le più svariate curiosità: e forse proprio l’umiltà in campo e fuori e l’essere una sorta di antidivo sono i motivi per cui Padoin è diventato un beniamino per gli Juventini.

“Il momento più bello da quando sono alla Juve è stato la vittoria del primo scudetto, ma per fortuna potrei dirne altri, perché di momenti belli ce ne sono stati molti… Quello personale è l’esordio in Champions a Glasgow. Anche perché il Celtic Park è lo stadio che mi ha più emozionato. Ma lo Stadium resta lo Stadium, ha un fascino particolare.”
E a proposito di Champions, quando gli viene chiesto quale avversaria vorrebbe affrontare agli ottavi, Padoin spiazza tutti: “Il Barcellona… Ma solo perché è un club con un grande fascino, non perché sarebbe facile da affrontare“.

Un passo indietro e Simone ricorda l’arrivo a Torino: “Non ci credevo! Mancavano poche ore alla fine del mercato e non credevo di arrivare in una grande squadra”. La chiamata invece è arrivata e lui è approdato alla Juve, “un club glorioso che mi ha permesso di vincere tanto e di giocare la Champions League”.
L’estroso Zidane è la sua leggenda bianconera preferita: strano se si pensa che l’efficacia di Padoin sta proprio nella semplicità e nell’ordine delle sue giocate. Una semplicità che deriva anche dal suo carattere: “Sono un tipo tranquillo, anche se ho legato molto con Lichtsteiner che è uno dei più ‘scalmanati’. Non sono scaramantico, quindi non ho riti particolari prima di entrare in campo. Mi piace leggere e amo i thriller, anche se l’ultimo libro che ho letto è stata la trilogia di Ken Follet.”
Per questo Torino è la città ideale: “Mi piace molto, soprattutto Piazza San Carlo. E mi piace fare lunghe passeggiate in centro”.

Si torna a parlare di Juve e la domanda è se si sente un jolly: “Mi piace giocare a centrocampo come mezz’ala, ma la definizione ‘jolly’ mi va bene. Anche se come me ci sono anche Pereyra e Marchisio che possono esserlo”. Pirlo e Buffon invece sono i giocatori più forti con cui dice di aver giocato. E tra una domanda e l’altra c’è anche il tempo di cantare un pezzo dell’inno bianconero, una “prova” che tutti i calciatori hanno dovuto affrontare e a cui Simone non si sottrae, anche se avverte: “Me l’aspettavo, ma a vostro rischio e pericolo”.

Il Natale è alle porte e si sa che questo è il tempo dei regali e dei sogni: “Un gran bel regalo di Natale sarebbe vincere la Supercoppa contro il Napoli, mentre il mio sogno da bambino era di diventare calciatore: l’ho realizzato. E spero che i miei figli possano fare altrettanto con i loro sogni.” E a proposito di sogni… Ce n’è uno che potrebbe tingersi di azzurro: “Si lo è, ma io sono realista. In Nazionale deve andare chi fa bene a lungo, questo per me è un periodo positivo ma non credo basti”. Simone è umile anche nel sognare. E chissà perché, ma non ne siamo affatto sorpresi.

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