Cronaca di una morte annunciata. E’ quella che sta inesorabilmente accompagnando il destino del Parma, squadra ultima in Serie A e priva di una vera e propria società. Una situazione ai limiti del grottesco, con l’impossibilità di rendere il Tardini agibile per mancanza di coperture minime. Cosa che ha quindi portato al rinvio a data da destinarsi dell’incontro contro l’Udinese. In più di 1000 fra tifosi e semplici cittadini si sono radunati domenica nei pressi dello stadio, facendo sentire la propria voce ed invitando Manenti a portare i libri in tribunale e dichiarare fallimento.

Una soluzione quest’ultima caldeggiata anche dal presidente federale Carlo Tavecchio, intervenuto nell’ultima puntata de La Domenica Sportiva. “Bisognerebbe portare i libri in tribunale al più presto – afferma il n°1 di Via Allegri – e credo che la sentenza sia stata fissata troppo tardi rispetto ai tempi necessari”. Già, ma cosa vuol dire portare i libri in tribunale e quali sono gli effetti sulle società calcistiche che usufruiscono di tale provvedimento?

E’ un atto che sostanzialmente ti permette di salvare il titolo sportivo, limitando allo stesso tempo i danni relativi alla categoria di appartenenza. Il risultato sul campo rimarrebbe inalterato, sempre che nel frattempo tutte le aste indette dalla curatela fallimentare – il cui scopo è quello di amministrare al meglio le poche risorse a disposizione, anche quelle provenienti dal botteghino – non vadano irrimediabilmente deserte. I debiti da pagare (e da ripartire tra i vari creditori) sarebbero solo di natura sportiva, e la nuova società dovrà essere affiliata alla FIGC. Tutte queste operazioni dovranno essere ultimate entro e non oltre il termine della stagione sportiva.

Cosa accadrebbe, dunque, al Parma? In caso di nuovi acquirenti attraverso le procedure d’asta, i ducali ripartirebbero dalla A (in caso di salvezza) oppure dalla Serie B, mantenendo inalterati i verdetti sul campo. In caso di aste deserte, invece, i gialloblù saranno costretti a dover ripartire dai dilettanti. Quello della società emiliana, tuttavia, non sarebbe l’unico caso di questo genere: in passato altre ben 4 società di Serie B e Lega Pro hanno ricorso a tale sistema (Ascoli, Pescara, Lanciano e Bari), ottenendo alterne fortune.

Ma se da un lato il salvataggio – l’ennesimo – di una società prestigiosa come il Parma permetterebbe di tutelare una pagina importante del nostro calcio, dall’altro una domanda sorge spontanea: Sulla base di cosa viene certificata la solidità delle società italiane al momento di iscriversi ai campionati? Il ripetersi quasi puntuale di questi tristi e ripetuti fallimenti, non fa altro che denunciare un profondo stato comatoso dell’intero sistema calcio. Un sistema che mina la credibilità stessa dei campionati, e che rischia clamorosamente di saltare. Ogni anno ci si chiede chi sarà il prossimo a soccombere, e presto altre società potrebbero seguire la stessa direzione. Casi come quelli di Barletta, Lecce, Monza e Varese (Laurenza è dimissionario) devono indurre a serie riflessioni. E’ davvero questo il calcio che vogliamo?

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