Campetto di periferia, sole a picco sul terreno gibboso. In cerchio, una frotta di ragazzini sta facendo le squadre. Poi ognuno nella sua metà campo, si comincia. All’estremità i due portieri. Uno se ne sta sulla riga della porta, sconsolato, braccia penzoloni lungo un corpo appesantito e poco agile. L’hanno messo in porta perché è il più scarso di tutti. Lo sa, e si fa coraggio domandandosi se anche il brasiliano Gilmar, alla sua età, avesse qualche chilo di più e una tecnica non proprio sopraffina. E’ la legge della strada, non ci si può fare niente.

Non sai dribblare né segnare? Non riesci a correre dietro all’avversario più forte? Allora finisci in porta. Osserva solitario e col morale sotto le scarpe interrate la sua squadra che sta attaccando. La palla è lontana, per ora. C’è tempo per sperare, sognare, immaginare. La mente, al contrario del suo fisico impacciato, viaggia a vele spiegate. Vorrebbe fare una parata come quella di Gordon Banks sul colpo di testa di Pelè nel Mondiale del ’70. E se invece respingesse il prossimo tiro con la mossa dello scorpione, proprio come fece il mitico Renè Higuita sul pallonetto di Redknapp? “Roba da matti!” pensa. Già, da matti.

Nel frattempo nell’altra area il portiere ha compiuto l’ennesimo miracolo. Non è un ragazzino come gli altri. Al campetto lo sanno tutti, non parla quasi mai. Il suo silenzio nasconde estro e follia. E’ un coraggioso, non conosce il pericolo e si avventa a kamikaze su tutto ciò che s’aggira dalle sue parti. Occhi magnetici da pazzoide, braccia lunghe, mani poderose, grande reattività e un fisico possente. Scruta con spavalderia i suoi compagni e si chiede come non riescano a fare goal a quella schiappa dall’altra parte. Nonostante il caldo, indossa sempre la maglia nera con il numero 1 cucito dietro le spalle. Vuole incutere timore agli avversari, proprio come il leggendario Lev Yashin quando nel 1963 all’Olimpico respinse un calcio di rigore a Sandro Mazzola.

Ancora 0-0, il pallone rotola al di là della strada. I due numeri uno incrociano lo sguardo e si fissano come nei western: il matto e la schiappa. Entrambi aggrappati alla fantasia, entrambi destinati a fare i conti col ruolo più folle del calcio.

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