Il tifoso italiano non vuole perdere. Lo diceva il mio primo direttore, Mario Gismondi: gli attacchi dei miei pezzi erano banali. “È normale che non vuole perdere. Uno fa sport, se vuole perdere?” mi ripeteva. Ma, in questo caso, la frase va scritta proprio così: il tifoso italiano non vuole perdere. O ancora meglio, non può perdere.

Non può. Perchè si appassiona di una disciplina solo quando si vince. È successo con il rugby, è successo tante volte con il tennis, sta succedendo con la pallavolo femminile. Oggi, addirittura, Google Trend, lo strumento di Google che esplora le tendenze degli argomenti di ricerca piazza il volley in rosa al pari o un gradino sotto Jobs Act (perchè a noi la politica piace leggerla), Angeli e The Amazing Spider Man (perchè a noi la realtà piace guardarla in tv), Laura Torrisi (in fondo siamo sempre un po’ guardoni). Quinto posto in Italia, meglio di Juventus, Roma, Rocchi e compagnia cantando, per la pallavolo femminile. Era ora, direte.

Ora, vedete, chi vi scrive ha lavorato per anni nel mondo del volley femminile: ufficio stampa di una formazione di serie A2 prima e A1 poi. Posso dirvi con certezza, tutto questo è già successo: nel 2002, quando siamo diventati Campioni del Mondo per la prima (e finora unica) volta. Da allora ad oggi, in più, l’utilizzo dei social, degli hashtag e della condivisione. Eppure, fino a qualche settimana fa solo qualcuno conosceva Arrighetti, sopravvivevano quelli che “sì a me la pallavolo piace, ma solo al maschile, al femminile è troppo lenta“, resistevano quelli che “vedo il volley solo per i culi“, campavano quelli che “il migliore sponsor nel volley in rosa, il retro del pantaloncino“.

Ma, tra allora ed oggi, cosa è successo? Molto buio. Poco interesse, un sistema in forte crisi, un campionato di serie A in difficoltà. Guardate, sempre chi vi scrive, avrebbe un sogno: che fosse sempre (stato) così. Sempre (tutti) innamorati della pallavolo femminile. E, invece, oggi come nel 2002 siamo innamorati di una nazionale che vince, di uno sport (e delle ragazze) belle da vedere, di un azzurro finalmente brillante dopo quello appassito dei mondiali di calcio e della nazionale maschile di volley. E poi ci mette il calcio con le sue brutture, le polemiche, le risse verbali, i “Bonucci, per favore, la prossima volta spediscila in tribuna“.

Ora, vi lascio con una promessa: ci rivediamo tra qualche anno. Non vi interrogherò su cosa sia una fast, o su chi abbia vinto nel frattempo più scudetti, o su chi sia la giocatrice più rappresentativa. Vi chiederò se avete mai più guardato una partita di volley femminile (oltre i Mondiali). E, spero, che la risposta possa essere positiva. Nel frattempo, a scanso di equivoci, chiedo a Noemi Signorile se vuole fare un selfie con me.

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